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Modello Redditi Persone Fisiche 2025 le più grandi modifiche degli ultimi 10 anni

Il Modello Redditi PF 2025 rappresenta una delle revisioni più significative degli ultimi dieci anni. Le modifiche coinvolgono molti quadri della dichiarazione, ma di nostro interesse sono in particolare i Quadri RT, RM e RW, fondamentali per i contribuenti che devono dichiarare redditi da investimenti finanziari e attività detenute all’estero.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate è in ritardo nella pubblicazione della versione definitiva del modello. Ad oggi, marzo 2025, siamo ancora in presenza di bozze non ufficiali, un fatto insolito rispetto agli anni precedenti.

Vediamo nel dettaglio cosa cambia e quali sono le novità più rilevanti.

Quadro RT

Nel nuovo quadro RT del Modello Redditi, sono state introdotte alcune modifiche significative.

Tra le principali, le precedenti righe RT21 e RT22 sono state accorpate in un’unica riga RT11, che riporta il totale dei corrispettivi (colonna 1) ed il totale dei costi (colonna 2).

Inoltre, le righe RT29 e RT36, che in precedenza evidenziavano rispettivamente l’imposta sostitutiva dovuta e l’imposta sulle criptovalute, sono state spostate in un campo automatico riportato in una pagina successiva nelle righe RT74 e RT90.

Per maggiori dettagli, si rimanda alle bozze ufficiali del Modello Redditi https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/modelli-redditi-persone-fisiche-2025-bozze

  • Versione Modello Persone fisiche 2024

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  • Nuova versione Modello Persone fisiche 2025

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Quadro RM

  • Versione Modello Persone fisiche 2024

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  • Nuova versione Modello Persone fisiche 2025

Modello Redditi Persone Fisiche 2025 le più grandi modifiche degli ultimi 10 anni 5

Nel rigoRM31, indicare:

  • nella colonna 1, la lettera corrispondente al tipo di reddito secondo l’elencazione riportata in APPENDICE alla voce “Redditi di capitale di fonte estera soggetti ad imposta sostitutiva”; nel caso dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia, diversi dagli OICR immobiliari, e a quelli istituiti in Lussemburgo, limitatamente alle quote o azioni collocate nel territorio dello Stato, percepiti senza applicazione della ritenuta, al di fuori dell’esercizio d’impresa commerciale, indicare il codice L “proventi, compresa la differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni ed il valore di sottoscrizione o acquisto, derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo in valori mobiliari istituiti in Italia, diversi dagli OICR immobiliari, e a quelli istituiti in Lussemburgo, percepiti da persone fisiche senza applicazione della ritenuta a titolo d’imposta”;
  • nella colonna 2, il codice dello Stato estero in cui il reddito è stato prodotto (vedere in APPENDICE al FASCICOLO 1, la tabella “Elenco Paesi e Territori esteri”). Nel caso di redditi derivanti dalla partecipazione agli OICR istituiti in Italia e a quelli istituiti in Lussemburgo non è necessario compilare questa colonna;
  • nella colonna 3, l’ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello Stato estero in cui il reddito è stato prodotto;
  • nella colonna 4, l’aliquota applicabile;
  • nella colonna 5, il credito IVCA;
  • La colonna 6 va barrata se trattasi dei proventi di cui al comma 1 dell’art. 26-quinquies del d.P.R. n. 600 del 1973
  • la colonna 7, deve essere barrata in caso di opzione per la tassazione ordinaria (vedere le istruzioni di rigo RM22). In tal caso, per i proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero compete il credito per le imposte eventualmente pagate all’estero;
  • Nella colonna 8, l’imposta Da tale importo va scomputato l’importo di colonna 5.

 

Quadro RW

L’unica modifica avvenuta nel quadro RW è relativa alla colonna 21 , dove dovrà essere barrata la casella nel caso di prodotti finanziari detenuti in stati o territori a regime fiscale privilegiato

Modello Redditi Persone Fisiche 2025 le più grandi modifiche degli ultimi 10 anni 6

 

 

 

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Come bilanciare le minusvalenze nel trading e ottimizzare la tassazione

Se investi in borsa, sicuramente sai quanto sia importante la gestione fiscale del tuo portafoglio. Non si tratta solo di scegliere i titoli giusti o di individuare il momento migliore per entrare o uscire dal mercato, ma anche di pianificare con attenzione gli aspetti fiscali dei tuoi investimenti.

Infatti, mentre le plusvalenze rappresentano i profitti sui quali dovrai pagare le tasse, le minusvalenze possono trasformarsi in un’opportunità per ridurre il tuo carico fiscale. Tuttavia, molti investitori si concentrano solo sui guadagni, trascurando un elemento chiave della strategia fiscale: le perdite possono essere sfruttate a proprio vantaggio.

Ma cosa fare quando le perdite superano i guadagni in regime dichiarativo? È possibile utilizzarle per ridurre le imposte future? La risposta è sì, ma solo se gestite correttamente. Il fisco italiano permette infatti di compensare le minusvalenze con le plusvalenze future.

Ecco perché è fondamentale conoscere le regole fiscali applicabili e sfruttarle a proprio favore. Con una gestione strategica delle minusvalenze, puoi ottimizzare la tassazione sui tuoi investimenti, migliorare il rendimento netto del tuo portafoglio e ridurre significativamente le imposte da pagare.

Nelle prossime sezioni vedremo come funzionano le minusvalenze, quali sono gli errori da evitare e quali strategie adottare per sfruttarle al meglio.

Come bilanciare le minusvalenze nel trading e ottimizzare la tassazione 7


Perché le minusvalenze sono importanti?

Le minusvalenze non sono solo “perdite”: sono strumenti fondamentali nella pianificazione fiscale di un trader. In Italia, infatti, il sistema fiscale permette di compensare le minusvalenze con le plusvalenze future, ma solo entro un limite temporale di 4 anni.

👉 Se non utilizzate entro la scadenza, le minusvalenze vengono perse definitivamente.

Ecco perché è essenziale gestirle correttamente, chiudendo strategicamente le posizioni e pianificando la dichiarazione dei redditi con attenzione.


Minusvalenze: 4 concetti chiave da conoscere

Prima di vedere come sfruttarle al meglio, è importante avere chiari alcuni concetti base:

  1. Le imposte si pagano sulle plusvalenze nette, cioè dopo aver sottratto eventuali minusvalenze.
  2. Per generare una minusvalenza bisogna chiudere una posizione in perdita.
  3. Il periodo fiscale va dal 1° gennaio al 31 dicembre, quindi la gestione deve avvenire entro fine anno.
  4. Le minusvalenze durano 4 anni, se inserite correttamente nel Modello Redditi.

Errore comune: non dichiarare le minusvalenze nel regime dichiarativo. Anche se non è obbligatorio, farlo permette di usarle per compensare futuri guadagni​.


Come evitare di perdere le minusvalenze?

Se hai minusvalenze in scadenza e non vuoi perderle, devi agire con una strategia fiscale mirata.

🔎 Passaggi per bilanciare le minusvalenze:

Analizza il tuo portafoglio: verifica se hai plusvalenze latenti su posizioni ancora aperte.
Considera la possibilità di chiudere delle posizioni in utile: se hai guadagni teorici su investimenti non ancora liquidati, considera di realizzarli prima della fine dell’anno. Coaì facendo potrò utilizzare delle minusvalenze passate che altrimenti sarebbero scadute.

Dichiara correttamente le minusvalenze nel Modello Redditi: assicurati di riportarle ogni anno nel quadro RT, in modo da poterle compensare nei successivi 4 anni​.

Esempio pratico: Se nel 2022 hai dichiarato  5.000€ di minusvalenze e nel 2023 realizzi una plusvalenza di 6.000€, potrai compensare in dichiarazione le due voci e pagare le imposte solo sui 1.000€ di differenza.


Regime amministrato vs. Regime dichiarativo: cosa cambia?

Regime dichiarativo

👉 Sei tu a dover dichiarare autonomamente plusvalenze e minusvalenze nel Modello Redditi. Qui puoi riportare le perdite fino a 4 anni successivi.

Regime amministrato

👉 Il broker funge da sostituto d’imposta e gestisce le imposte al posto tuo. Tuttavia, le minusvalenze non possono essere portate in dichiarazione, a meno che il conto non venga chiuso o convertito in regime dichiarativo.

Attenzione: Se decidi di passare dal regime amministrato al regime dichiarativo, devi ottenere la certificazione delle minusvalenze rilasciata dal broker (ai sensi dell’art. 6 comma 5 del D.Lgs. 461/97)​.


Domande frequenti sulle minusvalenze

📌 Se il conto è in perdita, devo comunque dichiararlo?

Sì! Anche se non hai realizzato plusvalenze, se il conto è estero devi comunque dichiararlo nel quadro RW per il monitoraggio fiscale​ e dichiarare le minusvalenze in modo da poterle sfruttare in futuro!

📌 Posso compensare minusvalenze con dividendi o interessi?

No, le minusvalenze possono essere compensate solo con plusvalenze di natura finanziaria. Non si possono usare per abbattere redditi da dividendi o interessi.

📌 Cosa succede se dimentico di dichiarare le minusvalenze?

Se non le dichiari, non potrai utilizzarle per compensare future plusvalenze e le perderai definitivamente.

📌 Posso compensare le minusvalenze derivanti da azioni/CFD con plusvalenze da Cripto e viceversa?

No, non è possibile la compensazione tra plusvalenze cripto e minusvalenze da azioni/CFD, questo perché all’interno del Modello Redditi avviene una vera e propria divisione tra le criptovalute e gli altri strumenti finanziari.


Perché Affidarsi a Noi?

✅ Se ha una certificazione di minusvalenza, la inseriamo nel nostro sistema e le forniamo:

  • Lo “Zainetto Fiscale” 📂 – Un report sempre aggiornato che tiene traccia di tutte le sue certificazioni di minusvalenza, con le relative scadenze e lo stato delle compensazioni.
  • Il Facsimile del Modello Redditi 📝 – Compiliamo per Lei la sezione relativa alle minusvalenze nel Modello Redditi, in modo corretto e senza errori, così potrà semplicemente consegnarlo al suo commercialista o al CAF.

✅ Se non ha la certificazione, una volta effettuata la prima elaborazione con noi:

  • Ricostruiamo tutto lo storico delle minusvalenze nel Modello Redditi, riportando anche quelle pregresse da regime dichiarativo.
  • Gestiamo automaticamente la compensazione, evitando errori e ottimizzando la dichiarazione per ridurre al minimo le imposte.
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Le certificazioni di minusvalenza art. 6 comma 5 D.Lgs. 461/97: cosa sono e come utilizzarle

La certificazione di minusvalenza rappresenta un documento ufficiale rilasciato dagli intermediari finanziari italiani in regime amministrato, che attesta le minusvalenze non compensate maturate su strumenti finanziari. Questa certificazione, disciplinata dall’art. 6 comma 5 del D.Lgs. 461/97, permette ai contribuenti di portare in compensazione le minusvalenze nei quattro periodi d’imposta successivi a quello di realizzazione.

Tuttavia, vi è una confusione diffusa tra i contribuenti, molti dei quali utilizzano erroneamente il termine “certificazione di minusvalenza” anche in riferimento al calcolo delle minusvalenze in regime dichiarativo, un concetto del tutto diverso.

Cosa sono le certificazioni di minusvalenza ex art. 6 comma 5 D.Lgs. 461/97?

Le certificazioni di minusvalenza vengono rilasciate dalle banche e dagli intermediari italiani solo per i conti in regime amministrato che sono stati chiusi o convertiti al regime dichiarativo. Questo documento riporta:

  • L’importo delle minusvalenze realizzate suddivise per anno fiscale.
  • La data di realizzazione e  la relativa scadenza per la compensazione (quattro anni successivi).
  • Il riferimento normativo ex art. 6 comma 5 D.Lgs. 461/97.

Esempi pratici di certificazione di minusvalenza:

Le certificazioni di minusvalenza art. 6 comma 5 D.Lgs. 461/97: cosa sono e come utilizzarle 8

Quando e come possono essere utilizzate?

Le minusvalenze certificate possono essere utilizzate in regime dichiarativo solo in due casi specifici:

Passaggio dal regime amministrato al regime dichiarativo:

  • Se il contribuente decide di chiudere il regime amministrato e optare per il regime dichiarativo, può richiedere la certificazione delle minusvalenze residue.
  • Queste minusvalenze potranno essere utilizzate per compensare plusvalenze in regime dichiarativo.

Chiusura del conto presso l’intermediario:

  • Se il contribuente chiude il conto presso l’intermediario in regime amministrato, può richiedere la certificazione delle minusvalenze maturate e mai compensate.
  • Anche in questo caso, le minusvalenze potranno essere utilizzate in dichiarazione dei redditi per la compensazione con le plusvalenze in regime dichiarativo.

 

Cosa non si può fare:

  • Non è possibile riportare in dichiarazione minusvalenze da regime amministrato se il conto rimane attivo in tale regime. In questo caso, la gestione rimane a carico dell’intermediario.
  • Le minusvalenze non possono essere utilizzate oltre il quarto anno successivo alla loro maturazione. Dopo tale periodo, vengono perse.

 

Errore comune: l’uso improprio del termine “certificazione di minusvalenza”

Molti contribuenti che operano in regime dichiarativo richiedono la “certificazione di minusvalenza”, pensando che sia un documento che possa essere generato anche per i loro conti, equivalente a quello rilasciato nel regime amministrato.

In realtà, in regime dichiarativo non esistono certificazioni di minusvalenza.: L’unico modo per calcolarle è rielaborare manualmente i movimenti del proprio conto e riportare il risultato nel quadro RT della dichiarazione dei redditi, provvedendo poi all’invio telematico. Le minusvalenze così calcolate dovranno essere riportate nello storico delle minusvalenze pregresse e potranno essere compensate entro i quattro anni successivi.

Perché nel regime dichiarativo la certificazione non esiste?

Nel regime dichiarativo, il contribuente è responsabile della dichiarazione fiscale e deve occuparsi in autonomia di:

  1. Calcolare le minusvalenze realizzate analizzando i propri movimenti finanziari.
  2. Inserirle nel Modello Redditi, compilando correttamente il quadro RT.
  3. Provvedere all’invio telematico della dichiarazione
  4. Compensarle nei quattro anni successivi, se non utilizzate subito.

A differenza del regime amministrato, nel regime dichiarativo non c’è un intermediario che effettua automaticamente il calcolo e la compensazione delle minusvalenze.

Il broker estero non è un sostituto d’imposta e non rilascia una certificazione di minusvalenza.

Perché Affidarsi a Noi?

Se ha una certificazione di minusvalenza, la inseriamo nel nostro sistema e le forniamo:

  • Lo “Zainetto Fiscale” 📂 – Un report sempre aggiornato che tiene traccia di tutte le sue certificazioni di minusvalenza, con le relative scadenze e lo stato delle compensazioni.
  • Il Facsimile del Modello Redditi 📝 – Compiliamo per Lei la sezione relativa alle minusvalenze nel Modello Redditi, in modo corretto e senza errori, così potrà semplicemente consegnarlo al suo commercialista o al CAF.

Se non ha la certificazione, una volta effettuata la prima elaborazione con noi:

  • Ricostruiamo tutto lo storico delle minusvalenze nel Modello Redditi, riportando anche quelle pregresse da regime dichiarativo.
  • Gestiamo automaticamente la compensazione, evitando errori e ottimizzando la dichiarazione per ridurre al minimo le imposte.

👉 Richieda subito un preventivo gratuito https://app.tassetrading.it/register

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Guida Completa per Dichiarare il Conto Trading nel 2025

Negli ultimi anni, il trading online è diventato sempre più diffuso tra gli investitori italiani, grazie alla facilità di accesso ai mercati finanziari globali. Tuttavia, detenere un conto trading, soprattutto con broker esteri, comporta obblighi fiscali specifici che devono essere rispettati per evitare sanzioni. In questa guida vedremo tutto ciò che serve sapere per dichiarare correttamente il conto trading nella dichiarazione dei redditi 2025.

guida dichiarazione conto trading 2025

1. Quando Deve Essere Dichiarato il Conto Trading?

Se il tuo conto trading è detenuto presso un broker estero, devi dichiararlo anche se non hai realizzato operazioni. L’obbligo sussiste indipendentemente dall’importo investito o dal fatto che ci siano state plusvalenze o minusvalenze nel corso dell’anno.

Gli obblighi dichiarativi principali sono due:

  • Monitoraggio fiscale: Devi compilare il quadro RW per segnalare all’Agenzia delle Entrate il possesso del conto trading all’estero.
  • Dichiarazione dei redditi di trading: Se hai realizzato plusvalenze, dividendi o altri proventi, questi devono essere dichiarati nei quadri RT, RM o RL, a seconda della tipologia di reddito​.

2. Quali Redditi Genera il Trading?

Le attività di trading possono generare tre categorie di redditi imponibili in Italia:

  • Redditi di capitale (es. interessi e dividendi): Vanno dichiarati nel quadro RM del Modello Redditi.
  • Redditi diversi di natura finanziaria (es. plusvalenze da vendita di strumenti finanziari, criptovalute): Vanno dichiarati nel quadro RT​.
  • Redditi ordinari (es. plusvalenze da vendita di fondi non armonizzati): Vanno dichiarati nel quadro RL.

Se hai registrato minusvalenze, puoi riportarle nei successivi quattro anni per compensarle con future plusvalenze, riducendo così l’imponibile​.

 

3. Come Sono Tassate le Rendite Finanziarie in Italia?

In Italia, i redditi derivanti dal trading sono soggetti a un’imposta sostitutiva del 26%, ad eccezione dei titoli di Stato, che godono di un’aliquota ridotta al 12,5%​.

Tipologia di redditoTassazione
Plusvalenze su azioni, ETF, CFD, Forex,Criptovalute (se plusvalenze > 2.000€)26%
Dividendi, Interessi, Cedole26%
Interessi su titoli di Stato italiani12,5%
Fondi / ETF non armonizzatialiquota IRPEF

4. Come Compilare la Dichiarazione dei Redditi?

Se hai un conto trading con un broker estero, devi presentare il Modello Redditi Persone Fisiche (ex Unico) e compilare i seguenti quadri:

  • Quadro RW: Obbligatorio per il monitoraggio fiscale e il pagamento dell’IVAFE (0,2% sul valore medio del conto).
  • Quadro RT: Per dichiarare plusvalenze derivanti dalla vendita di strumenti finanziari.
  • Quadro RM: Per redditi di capitale, come dividendi o interessi​.
  • Quadro RL: Per altri redditi di natura finanziaria, come incentivi da piattaforme di social trading, e plusvalenze da fondi non armonizzati.

5. Cosa Succede se Non Dichiaro il Conto Trading?

Omettere la dichiarazione del conto trading può portare a sanzioni fiscali significative. L’Agenzia delle Entrate ha accesso ai dati dei contribuenti italiani grazie agli accordi internazionali di scambio di informazioni, quindi il rischio di essere scoperti è elevato​.

Le sanzioni per omessa dichiarazione possono arrivare fino al 30% dell’importo non dichiarato. Se non hai dichiarato il conto, puoi rimediare con il ravvedimento operoso, riducendo le sanzioni​.

6. Trading in Regime Dichiarativo o Amministrato?

Se usi un broker italiano, puoi scegliere tra:

  • Regime amministrato: Il broker applica direttamente la tassazione e tu non devi presentare il Modello Redditi. Però attenzione: se detieni valuta estera sul tuo conto in regime amministrato, e hai superato la soglia di 51.645,69 euro di valuta estera (considerando tutti i tuoi conti)​ ​per almeno 7 giorni lavorativi continui (art. 67 Dpr 917/86), dovrai calcolare le plusvalenze sulla tua valuta estera in autonomia.
  • Regime dichiarativo: Devi dichiarare tu i redditi e pagare le imposte autonomamente​.

Se hai un broker estero, sei obbligato al regime dichiarativo, quindi devi gestire in autonomia la dichiarazione fiscale​.

7. Come Tasse Trading Può Aiutarti

Compilare correttamente la dichiarazione può essere complicato, specialmente se operi con più broker. Tasse Trading Srl ti aiuta a:
✅ Elaborare i dati dei tuoi conti trading
✅ Predisporre un Modello Redditi precompilato con il facsimile da inviare all’Agenzia delle Entrate
✅ Fornire un report dettagliato con tutti i calcoli delle imposte dovute​

 

👉 Richiedi ora un preventivo gratuito: RICHIESTA PREVENTIVO

Conclusione

Dichiarare il conto trading nel 2025 è un obbligo che non può essere trascurato. Seguire questa guida ti aiuterà a evitare sanzioni e a gestire correttamente la tua posizione fiscale. Se hai dubbi, affidati a Tasse Trading per un supporto professionale e sicuro.

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DAC8: Lo scambio automatico di informazioni sulle cripto-attività

Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha intrapreso una serie di iniziative volte a incrementare la trasparenza fiscale e la cooperazione tra gli Stati membri. In questo contesto, la Direttiva sulla cooperazione amministrativa (DAC) si è evoluta nel tempo, arrivando ora alla cosiddetta DAC8, che introduce specifiche novità in merito alle criptoattività. In questo articolo, vedremo cosa prevede la DAC8, come rafforza il Common Reporting Standard (CRS) e perché è sempre più importante dichiarare le proprie criptovalute.


Che cos’è la DAC8?

La DAC8 è l’ottava evoluzione di una serie di direttive europee che disciplinano lo scambio automatico di informazioni a fini fiscali tra le autorità degli Stati membri. Ogni “versione” della DAC è stata concepita per colmare specifiche lacune emerse nel tempo in ambito di evasione ed elusione fiscale.

Con la DAC8, il legislatore europeo focalizza l’attenzione sulle criptoattività, estendendo gli obblighi di comunicazione già previsti per le istituzioni finanziarie tradizionali anche alle piattaforme che offrono servizi di scambio e custodia di criptovalute.

DAC8

Obiettivo principale della DAC8

  • Aumentare la trasparenza: obbligare gli operatori del settore crypto a comunicare alle autorità fiscali le transazioni e i dati relativi ai clienti, al pari di quanto già accade per banche e broker tradizionali.
  • Rafforzare la lotta all’evasione fiscale: consentire agli Stati membri di accedere in maniera rapida e uniforme ai dati sulle criptoattività, riducendo le opportunità di occultamento dei guadagni.

Come si integra con il CRS?

Il CRS (Common Reporting Standard) è uno standard internazionale sviluppato dall’OCSE per lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari tra i vari Paesi aderenti. Attualmente, il CRS obbliga banche, broker e altri intermediari finanziari a comunicare dati sui depositi, sui saldi e sui titolari di conti.

Con la DAC8, l’Unione Europea mira a potenziare ulteriormente il flusso informativo previsto dal CRS, includendo anche il settore delle criptoattività. In pratica:

  1. Maggiore copertura: le piattaforme di scambio di criptovalute, i fornitori di portafogli digitali (wallet providers) e altri soggetti coinvolti dovranno rilasciare report dettagliati sulle transazioni.
  2. Allineamento normativo: la DAC8 crea un quadro giuridico omogeneo, in linea con la logica CRS, per condividere tali informazioni con le autorità fiscali dei Paesi UE.
  3. Riduzione delle lacune: fino a oggi, le criptoattività erano in parte fuori dal radar del CRS. La DAC8 colma questa lacuna, consentendo una visione più completa delle attività finanziarie dei contribuenti.

Quali obblighi derivano per chi possiede criptoattività?

Sebbene la DAC8 imponga principalmente obblighi di comunicazione a piattaforme ed exchange, non bisogna dimenticare che la legislazione fiscale italiana (e di gran parte degli Stati UE) prevede già l’obbligo di dichiarare i proventi da criptovalute e di inserire le criptoattività tra i propri redditi e/o patrimoni soggetti a monitoraggio fiscale.

  • Dichiarare le criptovalute in Italia:
    • Se possiedi criptoattività, devi valutare attentamente come e dove inserirle nel quadro RW (monitoraggio fiscale) e dichiarare eventuali plusvalenze.
    • Le normative possono variare nel tempo; è quindi fondamentale rimanere aggiornati e, se necessario, rivolgersi a un commercialista specializzato in materia crypto.
  • Tassazione delle plusvalenze:
      • In Italia, le plusvalenze derivanti dal trading di criptovalute hanno guadagnato il loro posto nel TUIR al pari degli altri strumenti finanziari con aliquote specifiche e condizioni variabili (ad esempio, soglie di esenzione o di detenzione minima).
      • Con l’aumento della trasparenza garantito dalla DAC8, sarà sempre più difficile omettere questi profitti dalla dichiarazione.


Perché la DAC8 è importante per i contribuenti?

  1. Trasparenza e controlli più efficaci
    La DAC8 punta a dare agli Stati membri europei una visione completa delle criptoattività detenute dai contribuenti. Questo riduce al minimo la possibilità di nascondere redditi e plusvalenze maturate tramite scambi o investimenti in crypto.
  2. Riduzione della complessità normativa
    Grazie all’integrazione con il CRS, si sta creando un sistema unitario che semplifica lo scambio di informazioni e definisce standard condivisi a livello UE.
  3. Impatto sui piccoli e grandi investitori
    Anche chi fa trading di criptovalute a livello amatoriale deve tener conto delle implicazioni fiscali. Ignorare le regole o rinviare la dichiarazione non è più un’opzione: il controllo incrociato dei dati sarà sempre più capillare.

Cosa aspettarsi per il futuro?

  • Maggiore cooperazione tra Stati: la strada intrapresa dall’UE indica che la cooperazione fiscale sarà destinata ad approfondirsi, anche al di fuori dei confini europei.
  • Ampliamento del campo di applicazione: la DAC8 potrebbe essere solo uno step intermedio verso una disciplina ancora più dettagliata sulle criptoattività, soprattutto man mano che nuovi prodotti e servizi blockchain emergono.
  • Incremento dei controlli: grazie all’automazione dei processi di reporting, le autorità fiscali potranno incrociare i dati dei contribuenti in modo più rapido e scrupoloso.

Conclusioni

La DAC8 rappresenta un ulteriore passo avanti nella strategia dell’Unione Europea per rafforzare la trasparenza fiscale e combattere l’evasione. Integrandosi con il CRS, questa direttiva estende l’obbligo di comunicazione dei dati anche al settore delle criptoattività, ponendo al centro dell’attenzione chiunque detenga, scambi o investa in criptovalute.

Per gli investitori – dai più piccoli ai più grandi – diventa quindi fondamentale dichiarare correttamente i propri redditi da criptovalute ed essere sempre aggiornati sulle normative. La cooperazione tra Stati e i controlli incrociati saranno sempre più stringenti, rendendo la conformità fiscale un aspetto irrinunciabile per chi decide di operare in questo ambito in modo trasparente e sicuro.

Alla luce di quanto emerso in questo articolo, se possiedi un conto su un exchange come Binance, Coinbase, Kraken o molti altri, è fondamentale affidarti a professionisti come noi, altamente qualificati e costantemente aggiornati sulle normative vigenti, oltre che a software specializzati per la gestione fiscale e la conformità normativa. Le regolamentazioni nel settore delle criptovalute, sono in continua evoluzione, e disporre di un supporto esperto può fare la differenza nel garantire il pieno rispetto delle disposizioni di legge, riducendo il rischio di sanzioni o complicazioni fiscali.

Inoltre, nel caso in cui ricevessi una lettera di compliance da un’autorità fiscale, il nostro team può offrirti un’assistenza completa, aiutandoti ad analizzare la tua situazione e a regolarizzare la tua posizione nel pieno rispetto della normativa. Il nostro obiettivo è fornirti un servizio basato su trasparenza, competenza e professionalità, per garantirti la massima serenità nella gestione dei tuoi asset digitali.

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W-8BEN Interactive Brokers: cos’è e come compilarlo

Se hai ricevuto una notifica da Interactive Brokers che ti chiede di compilare il modulo W-8BEN questo articolo ti aiuterà a capire cosa è e come compilarlo

Che cos’è il modulo W-8BEN?

Il modulo W-8BEN  (Certificate of Foreign Status of Beneficial Owner for United States Tax Withholding) inviato da Interactive Brokers è una dichiarazione con cui un soggetto certifica di non essere fiscalmente residente negli Stati Uniti. Questo documento permette al contribuente di autocertificare la propria residenza fiscale estera ed evitare che Interactive Brokers applichi una ritenuta del 30% (withholding tax) sui dividendi da azioni o su cedole da obbligazioni.

MODULO W-8BEN INTERACTIVE BROKERS

 

A chi è rivolto?

Le persone fisiche residenti in Italia che percepiscono compensi da dividendi o cedole da azioni o obbligazioni statunitensi devono compilare questo modulo per evitare che venga applicata la ritenuta del 30% sui compensi ricevuti, come previsto dalla normativa fiscale statunitense. Il modello consente di usufruire dei benefici derivanti dalle convenzioni contro la doppia imposizione tra Italia e Stati Uniti, ottenendo una riduzione della ritenuta fiscale (withholding tax) dal 30% al 15%.

Perché le aziende americane chiedono il form W-8BEN?

Le aziende statunitensi richiedono il modulo per:

  • Certificare lo status fiscale del prestatore estero;
  • Evitare di trattenere il 30% di withholding tax sui compensi dovuti.

Senza questo modulo, Interactive Brokers è obbligato per legge a trattenere l’intero 30%. Grazie alla compilazione del W-8BEN, il prestatore può richiedere l’applicazione di una ritenuta ridotta.

Quale tipologia di reddito è soggetta a ritenuta?

  • Dividendo
  • Alcune Cedole

Quanto dura il modulo W-8BEN e quando va aggiornato?

Il modulo ha validità per l’anno in cui è firmato e per i tre anni civili successivi. Ad esempio, un modulo firmato il 3 gennaio 2023 sarà valido fino al 31 dicembre 2026. Tuttavia, se le informazioni cambiano, il modulo deve essere aggiornato immediatamente.

Cosa succede se non si compila il modulo per Interactive Brokers?

La mancata compilazione comporta:

  • L’applicazione automatica della withholding tax al 30%;
  • La necessità di richiedere un credito d’imposta nel proprio Paese di residenza per evitare la doppia imposizione. Tuttavia, questa procedura è più complessa.

Come compilare il modulo?

  • Parte I: Dati del beneficiario

MODULO W-8BEN INTERACTIVE BROKERS

La prima parte del modulo richiede i dati del beneficiario effettivo (titolare del conto).

È necessario fornire tutte le informazioni utili per identificare in modo univoco il titolare del conto Interactive Brokers come i dati anagrafici: nome, cognome, indirizzo di residenza, paese di residenza, codice fiscale e data di nascita.

  • Parte II: Verifica della convenzione contro la doppia imposizione
W-8BEN interactive brokers

La seconda sezione  del modulo consente di verificare se esiste un accordo contro le doppie imposizioni tra gli Stati Uniti e lo Stato di residenza del beneficiario.

Tale accordo determina la tassazione applicabile sui redditi provenienti dagli USA. Per l’Italia, è in vigore una Convenzione ratificata con la Legge 3 marzo 2009, n. 20.

Nel paragrafo 9 se si è residenti in Italia, si dovrà selezionare “Italia” come Paese di residenza e dichiarare di non essere cittadino statunitense, così da poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla convenzione, e quindi di una ritenuta minore.

Il paragrafo 10 per il conto Interactive Brokers non richiede la compilazione.

  • Parte III: Conferma delle dichiarazioni

W-8BEN Interactive Brokers: cos'è e come compilarlo 9

In questa sezione del modulo, si confermano le scelte già fatte in precedenza.

Nello specifico, si devono dichiarare i seguenti punti:

  • La persona indicata è il titolare effettivo dei redditi dichiarati nel modulo.
  • La persona non è cittadina statunitense.
  • I redditi non sono derivanti da un’attività imprenditoriale svolta negli Stati Uniti.
  • La persona è residente in un altro paese, con applicazione degli accordi fiscali internazionali previsti tra i vari Stati.
  • In caso di operazioni tramite broker o scambi, l’avente diritto è una persona straniera esente da specifiche imposizioni.

Questa conferma ha lo scopo di garantire che tutte le informazioni siano accurate e conformi alle normative fiscali internazionali.

  • Parte IV: Firma e data

W-8BEN Interactive Brokers: cos'è e come compilarlo 10

Nell’ultima parte del modulo è necessario apporre la propria firma e la data di compilazione del modulo.

 

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Fisco 2025: 3 Milioni di Lettere di Compliance in Arrivo – Tutto Quello che Devi Sapere

Nel 2025, l’Agenzia delle Entrate invierà almeno tre milioni di lettere ai contribuenti, in base a una convenzione con il Ministero dell’Economia che rimarrà in vigore fino al 2026. L’obiettivo di questa iniziativa è rafforzare la “compliance fiscale“, ossia l’adesione alle regole fiscali da parte di chi non è in regola, ma che ha ancora la possibilità di rimettersi in pari senza incorrere in sanzioni.

Cosa sono le lettere di compliance fiscale?

Le lettere inviate dal Fisco rientrano nella categoria delle cosiddette “lettere di compliance“, che hanno lo scopo di stimolare il pagamento spontaneo delle imposte e l’emersione degli imponibili ai fini Iva. Queste comunicazioni mirano anche a valutare la capacità contributiva di ciascun contribuente. A differenza di altre misure, come il concordato preventivo o le sanatorie, che servono a risolvere debiti fiscali arretrati, le lettere di compliance sono focalizzate sulla correzione degli errori, permettendo ai contribuenti di ottenere sanzioni ridotte.

Nel corso degli anni, l’invio di queste lettere è aumentato notevolmente. Nel 2015 erano state inviate circa 300.000 lettere, con un recupero di 300 milioni di euro, mentre nel 2023 il numero delle comunicazioni è salito a oltre 3 milioni, con un recupero di 4,2 miliardi di euro. Questo dimostra l’efficacia di tali iniziative, che rappresentano una fonte significativa di entrate per l’erario. mettere che ci si aspetta anno 2021

Cosa Aspettarsi per il 2025

Nel 2024 sono state inviate lettere di compliance relative all’anno fiscale 2020. Di conseguenza, nel 2025 ci si potrebbe aspettare l’invio delle lettere di compliance riferite all’anno fiscale 2021. Questo continuo aumento delle comunicazioni dimostra l’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel monitorare la corretta dichiarazione dei redditi e nel garantire che i contribuenti possano regolarizzare eventuali errori, con l’opportunità di beneficiare di sanzioni ridotte, incentivando il pagamento spontaneo delle imposte.

Nel corso degli anni, le lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate si sono spesso focalizzate su uno o pochi broker specifici. Ad esempio, ci sono stati anni in cui le comunicazioni riguardavano principalmente broker come Plus500 o Interactive Brokers. Ogni anno, infatti, l’Agenzia delle Entrate individua e invia lettere di compliance a contribuenti che potrebbero non aver dichiarato correttamente i redditi derivanti da specifiche piattaforme di trading.

Per l’anno prossimo, potremmo aspettarci che le lettere si concentrino su broker sempre più diffusi come eToro, conti CFD come Vantage, AvaTrade o XM. che sono sempre più utilizzati per il trading online. Con i recenti sviluppi nel mondo delle crypto, è possibile che vengano inviate lettere di compliance anche per exchange di portata come Binance, Coinbase, Kraken e altri ancora. Questi cambiamenti riflettono un’evoluzione costante del mondo del trading e degli investimenti, e l’Agenzia delle Entrate è sempre più attenta a monitorare le transazioni in queste nuove aree per garantire che siano correttamente dichiarate.

A chi sono destinate le lettere?

Le lettere del Fisco raggiungeranno principalmente i contribuenti che non hanno dichiarato tutte le proprie entrate. Questo tipo di comunicazione offre l’opportunità di correggere errori in buona fede senza subire sanzioni.

All’interno dei destinatari di queste lettere, potrebbero rientrare coloro che detengono attività finanziarie all’estero in regime dichiarativo. Tra questi, potrebbero esserci:

  • Coloro che non hanno dichiarato i redditi derivanti da attività di trading.
  • Coloro che non hanno dichiarato correttamente il quadro RW (monitoraggio fiscale) per le attività finanziarie detenute all’estero.

Per ulteriori dettagli sulla dichiarazione dei conti trading, ti invitiamo a leggere il nostro approfondimento su come dichiarare il conto trading.

Cosa fare se ricevi una lettera di compliance?

Se hai ricevuto una lettera di compliance, non preoccuparti. L’Agenzia delle Entrate consente sempre di regolarizzare la propria posizione per errori commessi in buona fede, applicando sanzioni ridotte, se la correzione viene effettuata entro i termini stabiliti.

Per correggere la tua posizione, dovrai presentare una dichiarazione integrativa, includendo, oltre ai redditi già dichiarati, gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero. Le informazioni devono essere riportate nel quadro RW del modello dichiarativo, mentre i redditi di fonte estera, come interessi, dividendi, plusvalenze e altri proventi derivanti da tali attività estere, devono essere indicati nei quadri corrispondenti (RL, RM, e RT).

Al momento della presentazione della dichiarazione integrativa, sarà necessario versare le imposte maggiorate, insieme agli interessi e alla sanzione ridotta. La sanzione applicata sarà ridotta a un sesto della misura minima, che, nel caso di dichiarazione infedele, corrisponderà al 15% dell’imposta maggiorata, come stabilito dall’articolo 13 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, relativo al ravvedimento operoso

Come consultare la tua situazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate

Le comunicazioni inviate dal Fisco offrono ai contribuenti l’opportunità di regolarizzare la propria posizione attraverso il ravvedimento operoso, che consente di sanare le anomalie pagando sanzioni ridotte. Per verificare la propria situazione, i destinatari delle lettere possono accedere al Cassetto Fiscale sul portale dell’Agenzia delle Entrate. Qui troveranno tutte le informazioni utili per correggere eventuali errori e mettersi in regola con il Fisco.

In sintesi, se hai ricevuto una lettera di compliance, è importante agire tempestivamente per correggere gli errori e beneficiare delle sanzioni ridotte previste.

Non preoccuparti, Tasse Trading è al tuo fianco!

Se hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate, non farti prendere dal panico. Tasse Trading Srl è qui per aiutarti a sanare la tua posizione in modo rapido e professionale. Grazie ai nostri strumenti avanzati, siamo in grado di elaborare i tuoi dati finanziari e fornirti un facsimile del Modello Redditi precompilato, indispensabile per regolarizzare la tua posizione fiscale. Inoltre, ti consegneremo un report dettagliato dei calcoli effettuati, garantendo la massima trasparenza e affidabilità.

Ma non finisce qui: con i nostri modelli precompilati potrai affidarti ai nostri commercialisti affiliati, che si occuperanno di correggere eventuali errori nella dichiarazione, calcolare le imposte, sanzione e interessi dovuti e gestire i il versamento tramite F24.

 

Gabriele Nessun commento

[ARCHIVIO] Istanza Rimborso Cripto 12,5%: Modello Gratuito e Come Presentare l’Istanza

Nota Importante: La Legge di Bilancio 2024 ha eliminato la possibilità di applicare l’aliquota del 12,5% menzionata in questo articolo. Pertanto, le informazioni riportate non sono più valide o applicabili.

 

Criptovalute e Fisco: Aliquota Ridotta al 12,5%? Cosa Sapere per l’istanza di Rimborso

Le criptovalute sono al centro di un acceso dibattito fiscale. La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto importanti cambiamenti in tema di crypto, ma una presunta ambiguità normativa ha sollevato la possibilità che l’aliquota applicabile sia quella ridotta del 12,5% anziché il 26% sulle criptoattivià. Questo potrebbe aprire la strada a richieste di rimborso per i contribuenti che hanno già versato più del dovuto.

rimborso criptovalute

La Falla nella Normativa: Aliquota 12,5% o 26%?

Secondo l’interpretazione di alcuni esperti, le criptovalute rientrano tra gli strumenti finanziari indicati dall’Articolo 67 del TUIR, per i quali è prevista un’aliquota del 12,5%. Tuttavia, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 27 ottobre 2023 chiarisce che sui redditi derivanti dalle criptoattività si deve applicare l’aliquota del 26%.

Questa apparente contraddizione potrebbe offrire ai contribuenti l’opportunità di richiedere un rimborso per la differenza del 13,5% di quanto versato. Per approfondire tutti i dettagli normativi su questa falla e comprendere meglio la situazione, puoi consultare il nostro articolo dedicato: Scopri di più sulla tassazione delle criptoattività e l’aliquota del 12,5%.

Dichiarazione 2023: È Possibile Applicare l’Aliquota del 12,5%?

No, al momento non è possibile applicare il 12,5% sui redditi da criptoattività. Come indicato nella Circolare del 27 ottobre 2023 e nelle istruzioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, l’aliquota applicabile è fissata al 26%. Inoltre, gli stessi software dell’Agenzia delle Entrate non consentono di dichiarare un’aliquota diversa. Pertanto, qualsiasi tentativo di applicare il 12,5% comporterebbe inevitabilmente problemi di conformità

Il Rimborso è Garantito? Ecco Cosa Sapere

No, il rimborso non è garantito. Se l’Agenzia delle Entrate non risponde entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, si forma il cosiddetto “silenzio-rifiuto”. In questo caso, è necessario avviare un contenzioso legale contro l’Agenzia delle Entrate.

Solo in caso di contenzioso è importante considerare che potresti dover affrontare spese legali, pertanto, prima di procedere, valuta attentamente i costi e i benefici con un esperto.

Hai Versato il 26%? Scopri Come Richiedere il Rimborso per le Cripto

Se hai già versato l’aliquota del 26% sui redditi da criptoattività, hai diritto di presentare un’istanza di rimborso. È importante sapere che la normativa consente di richiedere il rimborso entro 4 anni dal pagamento

 

Come Presentare l’Istanza di Rimborso Cripto

  1. Verifica dei Dati nella Dichiarazione:
    • Se hai realizzato minusvalenze: Non è necessario richiedere il rimborso.
    • Se hai superato la soglia di 2.000 euro in plusvalenze e hai versato l’imposta del 26%: Hai diritto al rimborso. Tuttavia, tieni presente che la presentazione dell’istanza potrebbe richiedere tempo e comportare delle spese legali in caso di contenzioso. È importante valutare attentamente tutti i costi e benefici, preferibilmente con il supporto di un esperto.
  2. Preparazione della Documentazione Necessaria:
  3. Compila l’Istanza di Rimborso Cripto: Specifica l’importo da recuperare (pari al 13,5% delle imposte versate) e allega i documenti richiesti.
  4. Invia la Richiesta all’Agenzia delle Entrate: Puoi presentare l’istanza tramite PEC oppure consegnarla fisicamente presso gli uffici competenti dell’Agenzia delle Entrate.
Gabriele Nessun commento

[ARCHIVIO] Tassazione Crypto in Italia: Aliquota Effettiva al 12,5%?

Nota Importante: La Legge di Bilancio 2024 ha eliminato la possibilità di applicare l’aliquota del 12,5% menzionata in questo articolo. Pertanto, le informazioni riportate non sono più valide o applicabili.

 

Discrepanze Fiscali sulle Cripto-Attività: Aliquota al 12,5% o al 26%?

La tassazione delle plusvalenze generate da criptovalute in Italia è soggetta a un’aliquota diversa rispetto a quella standard applicata ad altri redditi finanziari. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore (link), l’aliquota sulle plusvalenze cripto sarebbe fissata al 12,5%, anziché al 26% applicato invece ai guadagni derivanti da altre forme di investimento finanziario.

Questa differenza è motivo di confusione per i contribuenti a causa di un disallineamento tra la normativa fiscale e le direttive pratiche fornite dall’Agenzia delle Entrate. Tale situazione rischia di generare un pagamento di imposte superiore al dovuto. Per i contribuenti che hanno già versato un’aliquota del 26%, esiste tuttavia la possibilità di richiedere il rimborso dell’importo eccedente, così da adeguare l’imposta effettiva a quella stabilita dalla normativa.

cripto 12,5%

La Base Normativa della Tassazione sulle Criptovalute

L’Articolo 67 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) è il principale riferimento per definire la categoria dei “redditi diversi“, che include diverse tipologie di plusvalenze finanziarie, tra cui i guadagni ottenuti dalle operazioni su criptovalute.

Con la Legge di Bilancio 2023 (Legge 27 dicembre 2022, n. 197), è stata introdotta la nuova voce “c-sexies“, specificamente dedicata ai redditi derivanti da cripto-attività. Questa nuova classificazione chiarisce che le plusvalenze da criptovalute vengono trattate separatamente rispetto ad altre plusvalenze finanziarie.

La voce “c-sexies” recita:

 “Le plusvalenze e altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, se il guadagno complessivo supera i 2.000 euro per anno fiscale”

 

Evoluzione dell’Aliquota sulle Plusvalenze Finanziarie

Il percorso normativo sull’aliquota delle plusvalenze chiarisce perché per le cripto-attività si mantenga un’aliquota ridotta. Originariamente, il Decreto Legislativo 21 novembre 1997, n. 461, fissava l’imposta sostitutiva per le plusvalenze al 12,5%. Con il tempo, questa è stata aumentata per alcune tipologie di redditi:

  • 2011: Incremento al 20% per alcune plusvalenze finanziarie (DL 138/2011).
  • 2014: Ulteriore aumento al 26% (DL 66/2014)​​.

Tuttavia, questi incrementi si applicano solo alle categorie di redditi da “c-bis” a “c-quinquies” dell’Articolo 67 del TUIR, escludendo la nuova categoria “c-sexies” che include le cripto-attività. Di conseguenza, le plusvalenze da criptovalute continuano a rientrare nella fascia del 12,5%, nonostante alcune interpretazioni più recenti dell’Agenzia delle Entrate.

La conseguenza è che fino a nuove disposizione del legislatore, la tassazione sulle plusvalenze finanziarie è la seguente:

Tassazione crypto 12,5%

 

L’Aliquota del 26% e la Possibilità di Richiedere un Rimborso

Si evidenzia, quindi, un chiaro disallineamento tra la normativa attuale e le informazioni trasmesse ai contribuenti dall’Agenzia delle Entrate. Nonostante la legge sembri indicare diversamente, l’Agenzia ha comunicato, attraverso la circolare del 27 ottobre 2023, le istruzioni di compilazione del modello redditi e i software ufficiali, l’applicazione dell’aliquota del 26% per le plusvalenze da cripto-attività oltre la soglia dei 2.000 euro.

Pertanto, i contribuenti che hanno dichiarato e tassato i guadagni da cripto-attività al 26% non hanno commesso alcun errore, avendo seguito le indicazioni ufficiali fornite dall’Agenzia stessa.

Adesso, chi ha versato il 26% sui redditi da cripto-attività avrà la possibilità di richiedere un rimborso per la parte eccedente attraverso un’Istanza di rimborso.

Tasse Trading Srl: Supporto per la Dichiarazione e Richiesta di Rimborsi

In conclusione, i contribuenti che hanno applicato l’aliquota del 26% sui guadagni da cripto-attività non devono affrettarsi. L’Agenzia delle Entrate permette infatti di richiedere il rimborso per la parte eccedente con un’istanza valida per un periodo di 4 anni. Questo ampio margine temporale offre la possibilità di agire con calma e sicurezza.

Tasse Trading sta collaborando attivamente con esperti fiscali e legali per analizzare ogni dettaglio della normativa, così da fornire ai contribuenti tutta l’assistenza necessaria per attivarsi consapevolmente. Per approfondire tutti i dettagli sulla richiesta di rimborso e comprendere meglio la procedura, puoi consultare il nostro articolo dedicato: Scopri di più sulla richiesta di rimborso e le relative modalità.

 

Ornella Nessun commento

Partita IVA e Trading

Guida Completa alla Partita IVA per il Trading in Italia

Con l’aumento delle persone che scelgono il trading online come attività principale o aggiuntiva, si pone spesso la domanda: serve aprire una Partita IVA per fare trading in Italia? La risposta dipende dal tipo di attività svolta e dal volume delle operazioni. In questa guida, analizzeremo quando è necessario aprire una Partita IVA, quali sono i regimi fiscali disponibili e come scegliere il corretto codice ATECO. Vedremo inoltre le imposte applicabili alle attività di trading e l’importanza di scegliere un broker adatto che supporti la gestione fiscale.

Partita IVA per il Trading: È Obbligatoria?

La necessità di aprire una Partita IVA per il trading dipende dal grado di continuità e professionalità con cui viene svolta l’attività. Per chi effettua operazioni di trading in modo occasionale e senza organizzazione strutturata, non è richiesto l’obbligo di Partita IVA: è possibile operare come persona fisica, senza particolari obblighi fiscali. Al contrario, chi opera come trader professionale, con una continuità elevata e con volumi di operazioni significativi, è considerato un imprenditore, e deve quindi aprire una Partita IVA per regolarizzare i guadagni.

Scegliere il Codice ATECO Corretto

Una volta deciso di aprire la Partita IVA per il trading, è fondamentale scegliere il codice ATECO appropriato, che identifica l’attività svolta. I codici più usati per i trader professionali sono:

  • 66.22.04 – “Attività di consulenza in materia di investimenti finanziari”: comunemente usato per trader individuali.
  • 66.19.21 – “Attività di intermediazione di prodotti finanziari esclusi i fondi comuni di investimento”: scelto da chi opera come intermediario.

Questi codici ATECO definiscono anche la categoria previdenziale a cui si è soggetti e permettono di identificare le corrette aliquote per la tassazione, oltre a eventuali agevolazioni fiscali.

Regimi Fiscali per i Trader: Regime Forfettario e Regime Ordinario

Regime Forfettario: Semplicità e Aliquote Ridotte

Il regime forfettario è un’opzione interessante per i trader che desiderano una gestione fiscale semplificata e che rispettano alcuni requisiti specifici. Questo regime prevede un’aliquota agevolata del 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni in presenza di determinate condizioni) applicata su una base imponibile determinata in percentuale. Per i codici ATECO del trading, il coefficiente di redditività è del 78%, quindi solo il 78% dei ricavi sarà tassato.

Per poter aderire al regime forfettario, bisogna rispettare i seguenti requisiti:

  • Un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro.
  • Spese per collaboratori non superiori a 20.000 euro annui.

Questo regime elimina l’obbligo di versare l’IVA e semplifica la gestione delle imposte, rendendolo particolarmente vantaggioso per i nuovi trader o per chi mantiene un volume d’affari contenuto.

Regime Ordinario: Adatto ai Trader con Fatturati Elevati

Chi supera i limiti di fatturato previsti per il regime forfettario o preferisce gestire le proprie imposte con aliquote progressive, può optare per il regime ordinario. In questo regime, l’aliquota IRPEF varia in base al reddito e si applicano le imposte su tutta la base imponibile, senza coefficiente di redditività. Questo regime è più complesso, poiché richiede una contabilità ordinaria e l’applicazione dell’IVA, ma è ideale per chi ha un alto volume di affari.

Tassazione su Plusvalenze e Minusvalenze nel Trading

Un altro elemento chiave per i trader è la gestione di plusvalenze e minusvalenze. Le plusvalenze, ovvero i guadagni ottenuti da operazioni di trading, sono tassate con un’aliquota del 26%. Al contrario, le minusvalenze possono essere riportate negli anni successivi e utilizzate per compensare eventuali future plusvalenze, riducendo così l’impatto fiscale complessivo.

IVAFE: L’Imposta per i Conti di Trading all’Estero

Per i trader con conti presso broker esteri, è prevista l’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero), applicata sul valore delle attività estere con un’aliquota dello 0,2%. Questa imposta va inclusa nella dichiarazione dei redditi annuale e si applica ai conti con un saldo medio annuo superiore alla soglia di esenzione. I trader devono prestare attenzione a includere l’IVAFE per evitare sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Regime Amministrato e Dichiarativo: Scegliere il Broker Giusto

La scelta del broker può influire significativamente sulla gestione fiscale. Esistono due modalità principali di gestione fiscale per il trading:

  1. Regime Amministrato: Il broker, operando come sostituto d’imposta, applica direttamente le imposte sui guadagni del trader. Questo regime è offerto da broker italiani che trattengono le imposte alla fonte, rendendo la gestione fiscale molto semplice per il trader.
  2. Regime Dichiarativo: In questo regime, il trader deve calcolare e dichiarare autonomamente le imposte sui guadagni, registrando plusvalenze e minusvalenze nei quadri RT, RM e RL della dichiarazione dei redditi. Broker come Degiro offrono report dettagliati per agevolare la compilazione della dichiarazione.

Conclusione

Per chi intende fare del trading un’attività professionale in Italia, l’apertura di una Partita IVA e la scelta di un codice ATECO corretto sono essenziali per operare in modo conforme alle norme fiscali. Il regime forfettario rappresenta una scelta vantaggiosa per chi è all’inizio e cerca un’aliquota ridotta con una gestione semplificata. Per coloro che superano i limiti previsti dal forfettario, il regime ordinario diventa l’opzione più adatta, benché richieda una gestione fiscale più complessa.

Scegliere il broker che offra supporto fiscale adeguato è infine cruciale per semplificare la gestione degli obblighi tributari, specialmente per chi opta per il regime dichiarativo. Con una corretta pianificazione e la scelta del regime fiscale più adatto, il trading può diventare un’attività redditizia e sostenibile nel rispetto delle normative italiane.

 

Hai un conto trading e non sai come dichiararlo?