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Nel mondo del trading e degli investimenti finanziari, la tassazione è un tema che viene spesso sottovalutato

Chi la sottovaluta potrebbe, ad esempio, ritenere erroneamente di non dover pagare le tasse, perché si è in possesso di un conto trading estero o perché si utilizzano broker online, mentre le tasse vanno assolutamente pagate anche in questi casi, se non si vuole andare incontro a sanzioni.

Per questo, se si fa trading o, in generale, se si investe nei mercati finanziari, è necessario conoscere la tassazione degli strumenti su cui investiamo.

Redditi diversi e redditi da capitale

Il primo concetto da conoscere, per quanto riguarda la tassazione degli strumenti finanziari, è la differenza fra le due tipologie di redditi che i nostri investimenti possono generare, ovvero quella fra redditi diversi e redditi di capitale.

I redditi di capitale vengono definiti certi, sia nell’ammontare, sia nell’esistenza. Esempi di redditi da capitale sono i dividendi e le cedole delle obbligazioni. Un dividendo è certo nell’ammontare e nell’esistenza, poiché noi sappiamo che, se possediamo una determinata azione di una determinata società, riceveremo in una certa data un certo ammontare di dividendo. Questo perché il dividendo è già stato approvato dall’assemblea e la sua esistenza non può essere messa in dubbio.

I redditi diversi invece sono incerti, sia nell’ammontare, sia nell’esistenza. Se noi compriamo un’azione, non sappiamo esattamente a quanto la rivenderemo e nemmeno sappiamo se guadagneremo effettivamente qualcosa da essa. Pertanto, le plusvalenze e le minusvalenze, cioè i profitti o le perdite, dati dalla compravendita di azioni o altri strumenti finanziari nel tempo sono redditi diversi.

tasse e investimenti

Come vengono tassati?

I redditi di capitale sono tutti tassati al 26%.

Anche i redditi diversi presentano generalmente una tassazione al 26%, ma con alcune eccezioni:

  • Titoli di Stato italiani o di Paesi presenti nella white list
  • Bond degli organismi internazionali

Queste eccezioni presentano una tassazione del 12,5%, anziché del 26%.

Nel caso si sia in possesso di fondi o ETF che investano in panieri che contengono al loro interno questi strumenti, ovvero titoli di Stato italiani o di Paesi presenti nella white list oppure bond degli organismi internazionali, pagherete il 12,5% sul capitale investito in essi e sul restante il 26%.

Compensare le minusvalenze

Conoscere la differenza fra redditi di capitale e redditi diversi è fondamentale per poter capire come compensare le minusvalenze. Le minusvalenze, come anticipato prima, sono le perdite generate dalla compravendita di azioni o altri strumenti finanziari.

In sostanza, se io compro un’azione a $100 e poi la rivendo a $90 avrò una perdita di $10, ovvero una minusvalenza. Queste minusvalenze possono essere compensate entro 4 anni, attraverso plusvalenze successivamente maturate. Se entro 4 anni dalla minusvalenza generiamo una plusvalenza, data, ad esempio, dalla vendita di un’azione, possiamo usare la minusvalenza pregressa per non pagare o per pagare meno tasse sulla plusvalenza.

Per fare un esempio, se generiamo $100.000 di minusvalenze e poi altri $100.000 di plusvalenze, possiamo utilizzare le minusvalenze pregresse per risparmiare i $26.000 che altrimenti dovremmo pagare sulle plusvalenze. Queste però, devono essere date esclusivamente da strumenti che generano redditi diversi, non potrai infatti, compensare una minusvalenza con un dividendo o con una cedola obbligazionaria.

Contrariamente a ciò che si può pensare, le plusvalenze e le minusvalenze generate dalla compravendita di fondi o ETF sono considerate redditi di capitale. Il motivo non è chiaro, ma lo stato considera i profitti ottenuti dalla vendita di fondi o ETF certi nell’ammontare e nell’esistenza, nonostante essi, in realtà, non lo siano. Ciò significa che le perdite generate dalla compravendita di questi strumenti non potranno essere compensate e i profitti dati dagli stessi non potranno poi essere utilizzati per compensare minusvalenze pregresse.

Regimi fiscali: dichiarativo e amministrato

Quando investiamo o facciamo trading nei mercati finanziari, possiamo scegliere se pagare le tasse in regime dichiarativo o in regime amministrato.

Il regime dichiarativo è un regime fiscale fai da te. Se si opera in questo regime infatti, all’inizio dell’anno, si dovrà stampare il rendiconto di tutte le operazioni fatte l’anno precedente e calcolare quante tasse bisognerà pagare. Trattandosi di calcoli complessi, chi opera in questo regime spesso porta il rendiconto al proprio commercialista e sarà lui a calcolare quanto il cliente dovrà pagare.

Il regime amministrato invece, prevede un intermediario, come una banca o un altro intermediario finanziario, che fa da sostituto d’imposta, ovvero si occupa lui degli adempimenti fiscali del cliente. Chi opera nel regime amministrato incassa direttamente quello che ha guadagnato al netto di tutte le tasse.

Se la stessa persona possiede due conti, uno in regime amministrato e uno in regime dichiarativo, o anche più conti in regime amministrato, non potrà compensare le minusvalenze di un conto con le plusvalenze di un altro.

 

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